

Prima di partire per New York, avevo fissato il mio obiettivo in 3h 59m 59s, e se devo essere sincero, non ne ero convinto...anzi prima della partenza cercavo con i miei occhi i pace maker da 4h 15m...domenica non ero proprio in forma, complice un viaggio infinito per colpa di un volo annullato a causa del nubifragio a Roma facendo durare il nostro viaggio 24 ore; poi ci mettiamo che sono stato male con lo stomaco giovedì... e venerdì e sabato ho girato mezza manatthan a piedi...bhè non ero sicuramente in forma. Ma domenica, per la prima volta, ho capito che la maratona è una corsa che corri non solo con le gambe...si corre al 60% con la testa. Arriviamo al ponte di Verrazzano alle 6.45, la temperatura era di circa 2° gradi e io non mi ero coperto abbastanza...per chi non ci è mai stato...ti lasciano aspettare per tre ore abbondanti all'aperto e con un venticello che taglia come una lama. L'attesa è lunga, a farmi compagnia c'è Francesco, un ragazzo di Alessandria, che gentilissimo mi presta anche una maglia e passiamo queste 3 ore parlando doi allenamenti, sensazioni e soliti discorsi che si fanno tra runner. Purtroppo Francesco non parte con me, lui partirà alle 10:20 ed è arrivato il momento di salutarci e farci il classico in bocca al lupo. Finalmente si sale sul ponte, mi posiziono proprio dietro il pace maker delle 4 ore...e boom...sparo di cannone e si parte!!! Dopo neanche 100 metri riesco ad inciampare e per un soffio non finisco per terra...sinceramente non sò neanch'io come ho fatto a non cadere...ma grazie a Dio, riesco a riprendermi. Sono nella parte bassa del Ponte, il mio GPS non prende, e non ho riferimenti, la salita, sarà l'emozione, non si sente, in quei momenti pensavo solo a tutti gli allenamenti fatti e oggi era il momento di raccogliere i frutti!!! Lungo il percorso i riferimenti saranno solo in miglia, i km si troveranno solo in multipli di 5 km...quindi ero spaesato, con me avevo un braccialetto con la tabella per farla in 4 ore in miglia, e per i primi 3 km non sapevo quanto andavo...diciamo che mi fidavo del mio pace maker...all'uscita del ponte scopro che abbiamo fatto il ponte a circa 5:20/km, e subito ho immaginato che il minuto che abbiamo guadagnato sulla tabella di marcia, l'avremmo perso su qualche ponte. Ora siamo a Brooklin, e da qui fino al queensboro, non mi sembra neanche di correre, mi sembra di partecipare ad una festa. Per la prima volta non pensavo a correre, ai battiti, alla velocità, pensavo a dare il "cinque" a tutti i bambini che lo chiedevano, pensavo a salutare tutte le persone che gridavamo "GO FABIO!!!" o "VAI ITALIA", li avrei salutati tutti, uno ad uno, ma era impossibile. In questa fase della corsa, conosco Massimilio, un ragazzo di Salerno, e Domenico, siciliano trapiantato a New York da 23 anni, con un accento splendido, misto tra l'americano e il siciliano. Trovare compagnia durante la corsa è fondamentale, ci aiutiamo a vicenda, chi prende le banane, chi da bere e facciamo quattro chiacchere, ogni tanto controllavo i battiti e vedevano che stavo bene ero sempre sui 155, iniziavo a prendere fiducia. Lo so, facile a dirsi, ma difficile da farsi in maniera convinta. Sapevo che la prima parte del percorso era più facile della seconda , e in un amen arriviamo al passaggio della mezza 1h 58m 20s, il fieno messo in cascina all'inizio è ancora lì. La mia gara si può dire che è iniziata sul Queensboro. Ponte dannatissimo, ma li ho preso conoscenza del fatto che sarei riuscito a finire ciò che ho iniziato. Affronto la salita di petto, non guardo i battiti, al diavolo i battiti, mi accorgo che la gente arranca, lascio indietro il pacemaker (e non lo vedro più...), saluto anche Domenico e Massmiliano, e parto, non so cosa mi è preso ma auemento il ritmo o meglio, loro vanno più piano, io mantengo il ritmo in salita, supero una marea di persone, arriviamo sul punto più alto e lì vedo una serie di cartelli che dicono...se sei arrivato fino a qui...puoi arrivare dove vuoi. Così è stato. In discesa, rallento un attimo per far riprendere i battiti e, finalmente arrivo a Manhattan. Spettacolo puro. Da lì in poi non capirò più niente. Quantificare le persone lungo il percorso è impossibile ma sembra che tutta New York sia lì. Il tifo che fanno è veramente da stadio, e mettere il mio nome sulla maglia è stato la cosa migliore, avrò sentito il mio nome migliaia di volte...e in questi casi è fondamentale. Provo a girarmi e non vedo più il pace maker, le gambe girano a meraviglia nonostante i 30 km sulle gambe, l'unico conteggio che faccio e vedere se riesco a fare una miglia in 9:09, ovvero per mantenere il vantaggio che ho accumulato e riuscire a buttare giù il muro delle 4 ore. Intorno al 30 km faccio fuori metà gel, l'energie iniziano a finire e le banane non bastano più, e all'orrizzonte si vede un altro ponte, quello che porta al Bronx. Percorrere Manhattan è esaltante ma allo stesso tempo duro, non è pianura ma tutto in leggerissimo falso piano. Poco importa, oggi non si molla, devo arrivare alla fine. Arrivo al ponte che porta al Bronx, più corto del Queensboro ma ugualmente duro. Anche questo caso, mi faccio coraggio e non abbasso il ritmo, lo mantengo, e inizio a superare una marea di persone, durante la discesa si intravede il cartello delle 20 miglie, dovevo passarci dopo 3:03:04 e invece il cronomentro segna 3:00:22, vedo che ancora guadagno secondi...nella mia testa mi dico che è quasi fatta, anzi potrei anche rallentare e prenderla più comoda, ma continuo così, un altro miglio e si esce dal Bronx, questa volta il ponte è più facile e si rientra in Manhattan. Qui inizia una piccola crisi, non rallento ma mi sento solo, cerco un compagno che mi aiuti ad affrontare le ultime miglia, inizio a chiedere come va agli italiani, trovo tutte persone in crisi, qualcuno che si ferma e sinceramente volevo fermarmi anche io, ma all'improvviso vedo una signora con la cannotta di terramia con stampato Rimini sul fondoschiena, è lì a 50 metri, raccolgo le ultime energie e la vado a prendere, mi avvicino e inizio a parlargli in dialetto, questa mi guarda con due occhi sgranatati, gli riparlo in dialetto dicendogli "Allora aglia fem?" (allora ce la facciamo?) lei mi guarda, e mi risponde "A ne gliela faz più" (non ce la faccio più!!!). Ci facciamo coraggio a vicenda, e insieme affrontiamo le ultime miglia, dure anche queste perchè a Central Park ci sono un paio di salitine leggere ma, con 40 km nelle gambe tutto si fà più duro. Faccio fuori il gel che avevo lasciato, bevo un pò d'acqua, guardo la signora (non sò il suo nome...) mi chiede quanto manca e neanche a farlo apposta siamo alla 25° miglia, mancano appena 2 km, dovevo passare in 3:48:50 e invece...3:46:20, ho ancora 2:30 di vantaggio!!! Mancano 2km, ho ancora qualche energia di riserva nelle gambe, un signore mi urla "Fabio metti la sesta" e, da vero incosciente, accelero, sapevo di arrivare sotto le 4 ore, ma volevo guadagnare più secondi possibili così, affronto gli ultimi 2 km a 5'20/km, i battiti vanno su, ma non per lo sforzo per l'emozione, arriviamo a central park south, la strada che porta al culumbus circle, indimenticabile, bellissima e inimmaginabile da quante persone ci sono quella via. Continuo ancora a 5'20/km, non mi fermo, passo il Culumbus Circle, e vedo il famigerato cartello delle 26 miglia, mancano circa 300 metri, lo so, è fatta...inizio a tirare su le braccia in segno di vittoria, descrivere questi momenti è impossibile, bisogna solo viverli per capirli, mi aspetta ancora un piccola salitina, ma non la sento neanche, per la testa c'erano altri pensieri, la gioia di aver portato a termine un obiettivo difficile da realizzare, la sensazione di orgoglio personale, perchè se ho finito la maratona è solo grazie ai miei sforzi, alle mie gambe e alla mia testa. Capisco che ho fatto qualcosa di grandioso, il traguardo è lì a pochi metri, do un bacio all'anello del mio matrimonio (come fa Pirlo...) in segno di ringraziamento a mia moglie per essermi stata sempre vicino e poi finalmente l'urlo liberatorio, stile Tardelli durante il Mondiale dell'82, finalmente posso dire di avere finito una Maratona nel migliore dei modi...
3 ore 56 minuti e 56 secondi.
In quei momenti la felicità arriva al massimo, mesi e mesi di duro allenamento al caldo o al freddo, pensi alle volte che hai puntato la sveglia alle 6:00, pensi a tutte le volte che magari non avevi voglia di andare a correre e invece dovevi seguire il programma, bhè ora tutto a un senso. In un attimo, tutti gli sforzi sono stati ripagati da una semplice medaglia che non è nè d'oro, nè d'argento o di bronzo e solo una medaglia da finisher, ma te la tieni addosso come se fossi Baldini ad Atene...
GREAT JOB FABIOIl mio video a Manhattan